Crack e riduzione del danno: una sperimentazione

Crack e riduzione del danno: una sperimentazione

Fornire strumenti, informazioni e assistenza a chi fuma crack, può migliorare le sue condizioni di vita, con benefici indiretti, sia economici che sanitari, per tutta la comunità: questo l’esito della sperimentazione condotta da aprile a luglio scorsi a Bologna dai servizi di strada e di riduzione del danno rivolti a persone con consumo problematico e dipendenza da sostanze che hanno in prevalenza una vita di strada, gestiti dal Consorzio l’Arcolaio, di cui fa parte anche Open Group, per conto di ASP Città di Bologna.

I servizi strada, in particolare Fuori Binario dedicato agli interventi di riduzione del danno, hanno intercettato negli ultimi anni un numero crescente di persone che fumano crack: si va dalle 28 delle 2019, a 30 nel 2020, 45 nel 2021, 51 nel 2022 e 66 nel 2023. Derivato della cocaina, il crack è particolarmente associato a povertà, dimora non stabile, carcerazioni e accesso limitato ai servizi sanitari e sociali. Il suo uso è inoltre caratterizzato da un consumo ad alta frequenza, che porta a problemi di salute mentale e fisica (con un rischio di mortalità più elevato rispetto alla popolazione generale) e a comportamenti aggressivi. Per fumare crack vengono spesso utilizzati materiali improvvisati, quali bottiglie di plastica o lattine; se surriscaldate o scheggiandosi, le lattine possono generare lesioni a mani, labbra e bocca, che possono essere veicolo per la trasmissione di malattie.

All’avvio della sperimentazione, gli operatori di Fuori Binario hanno distribuito a 40 utenti un kit con pipe per l’inalazione di crack e altri strumenti di prevenzione, spiegando quali siano i rischi derivanti dall’uso della sostanza e dalla condivisione delle attrezzature per l’inalazione. Sono stati quindi valutati gli effetti a 30 e 60 giorni, attraverso la somministrazione e l’analisi di questionari.

Gli utenti coinvolti nello studio, il primo del genere in Italia e in Europa, sono al 72% uomini, hanno età media di 35,1 anni, al 45% non sono nativi, il 75% consuma anche oppiacei, l’85% non ha un alloggio stabile, il 55% ha rapporti sessuali non protetti, il 65% dichiara problemi con le forze dell’ordine. Il 7,5% è HIV positivo, il 20% è HCV positivo. L’età media del primo consumo di crack è di 25,7 anni, il 95% condivide gli strumenti per inalarlo, tra amici (80%) o con chiunque (27,5%), soprattutto per mancanza di attrezzature (40%).
A 30 e a 60 giorni dalla distribuzione delle pipe e dall’intervento degli operatori di Fuori Binario, gli utenti hanno dichiarato di aver ridotto non solo l’uso di bottiglie di plastica (passato in 2 mesi dal 78% al 53%) e lattine (dal 25% allo 0%), ma di aver anche diminuito la frequenza di consumo della sostanza e di non aver più avuto problemi respiratori (37,5% dei casi), mal di gola (25%), bruciature sulle labbra (20,8%) e ulcere alla bocca (12,5%).

“Alla luce dei risultati forniti dallo studio e dall’attività che quotidianamente svolgono i servizi di strada, siamo sempre più convinti che si debba puntare con forza sui servizi di riduzione del danno – dice Sara Montipò, responsabile area Accoglienza e integrazione di Open Group – perché offrono non solo un importante presidio per la tutela della salute delle persone e della collettività, ma consentono di ridurre i costi sociali ed economici derivanti dalla dipendenza da sostanze”.

I risultati della ricerca, insieme e alle pratiche di altre realtà italiane ed europee, sono stati presentati venerdì 8 novembre nel corso della mattinata di studio “Crack e riduzione del danno” che si è tenuta nella sala Marco Biagi (via Santo Stefano 19), organizzata da Open Group nella cornice dell’Hub culturale Arcolaio.