Il metodo partecipativo per invertire la narrazione del richiedente asilo, lasciando che se ne riappropri. Arca di Noè sta lavorando con questa chiave in diversi laboratori. Il risultato è la creazione di prodotti di comunicazione che contribuiscano a decostruire gli stereotipi che la narrazione tradizionale tende a perpetuare.
Nei laboratori di video partecipativo, condotti dal 2018 insieme alla scuola di italiano della cooperativa, i partecipanti decidono il tema, scrivono la sceneggiatura e realizzano il video, girando in prima persona le riprese. Durante gli incontri acquisiscono competenze sull’utilizzo e impostazioni della videocamera, sui vari tipi di inquadratura e la registrazione dell’audio da realizzare in autonomia.In questo modo l’oggetto del video diventa soggetto e il controllo viene restituito a chi abitualmente viene solo mostrato.
Un altro strumento di espressione partecipativa è la rivista Zacrepublic! in cui scrivono richiedenti asilo, persone, realtà, associazioni con cui vengono co-progettati eventi e attività dentro e fuori le strutture di accoglienza. A dicembre è stato presentato il quarto numero.
La stessa metodologia è alla base del laboratorio di fotografia partecipativa che Arca di Noè ha organizzato, in collaborazione con Netfo, in Piazza dei Colori a Bologna. I partecipanti sono persone differenti provenienti dal quartiere. Con l’ausilio di fotocamere, ogni partecipante coglie la realtà che lo circonda secondo la propria personale prospettiva. Un’occasione per permettere alle persone di riflettere e prendere coscienza del punto di vista altrui, stimolando il pensiero critico, attraverso discussioni e attivazioni di gruppo. La mostra finale diventa l’occasione per incontrare la cittadinanza e confrontarsi sulla rappresentazione del territorio condiviso.
Chi deve parlare dei migranti dunque? La nostra risposta: i migranti stessi.