A proposito di noi: Il Martin Pescatore

A proposito di noi: Il Martin Pescatore

Una progettualità di comunità, che mette al centro il benessere per tutte e tutti, raggiunto grazie alla collaborazione con la comunità intera. E in quest’ottica pensare alla salute mentale delle persone, in una stretta collaborazione con il servizio pubblico.
Questa è l’idea che anima Il Martin Pescatore, cooperativa sociale che ha sede a Calderino (BO) e si occupa di inclusione sociale per il benessere e la salute mentale di tutta la Comunità.

Quando abbiamo lasciato la palazzina a due piani in mattoni rossi, dopo aver visitato gli uffici, i laboratori e lo spazio per il restauro e la vendita di mobili, avevamo capito quanto profondamente questa idea attraversi tutte e tutti coloro che abbiamo incontrato e quanto operatori e lavoratori fragili, insieme, siano la forza dinamica che muove la cooperativa da ormai 35 anni. A cominciare, naturalmente, da Debora Calabrese, presidente dalla fine del 2016.  “Ho fatto esperienze in diversi contesti socioeducativi e socioassistenziali, però il mio percorso professionale più ricco e consistente si è sviluppato in questi 20 anni de Il Martin Pescatore. Quindi conosco un po’ tutte le varie fasi del nostro lavoro, ho cominciato come educatrice per poi diventare responsabile dell’area abitare”.

Andrea Guidi al lavoro in falegnameria

Con Debora ripercorriamo la storia de Il Martin Pescatore. “La cooperativa è nata nel 1990, come cooperativa di inserimento lavorativo. Nel corso degli anni ci siamo aperti ad altri settori, dalla socialità, all’abitare. Adesso siamo una cooperativa sociale di tipo A più B, in cui le attività di tipo B si sono andate sempre più diversificando, proprio per agevolare gli inserimenti lavorativi, perché portassero a vere e proprie assunzioni”. La solidità si legge nei numero: il fatturato nel 2024 è arrivato a 2.478.421 euro, nel 2023 era di 2.438.088 euro.

Il primo interlocutore de Il Martin Pescatore è il Dipartimento di Salute Mentale di Bologna. “La nostra attenzione si è sempre concentrata sul benessere delle persone e sulla salute mentale, la nostra storica presidente Francesca Bernaroli, che purtroppo ci ha lasciato, ha portato avanti questa missione e noi proseguiamo nella stessa direzione.” Debora ci racconta che l’origine della cooperativa risale proprio alla chiusura del manicomio di Bologna, il Roncati. Grazie alla legge Basaglia che ha decretato la fine del sistema che segregava le persone sofferenti, nacquero nel territorio bolognese una serie di cooperative che andavano ad affiancare il servizio pubblico nello sviluppo dell’assistenza territoriale. Per Il Martin Pescatore parliamo dell’area Lavino Samoggia. “Eravamo una cooperativa come quella che si vede un po’ nel film Si può fare, nel senso proprio del termine; quindi, avevamo creato una falegnameria, offrivamo già allora servizi di giardinaggio. Abbiamo iniziato con questo gruppo di persone che lavorava un po’ all’interno dei servizi pubblici e un po’ pian piano esternamente. Sono stati anni, fino al 2009 circa, in cui abbiamo lavorato in maniera molto integrata con il servizio pubblico, dopodiché con le nuove normative siamo passati ad una separazione netta tra Terzo settore e Azienda Usl. Ora, dopo quindici anni, si sta cercando un nuovo modo di lavorare in maniera integrata, ed è un valore aggiunto”. Proprio da questo nuovo scambio è nato il progetto Recovery College, una delle eccellenze di cui è protagonista Il Martin Pescatore. Chiediamo a Debora di aiutarci a conoscerlo meglio.
“Il percorso è iniziato nel 2022 con l’arrivo del nuovo Direttore dipartimentale, il dottor Fabio Lucchi, che ha portato da Brescia questa innovazione, facendo rinascere nel territorio bolognese la voglia di credere di nuovo nelle persone, credere di nuovo nella salute mentale come bene comune, perché è una cosa trasversale che tocca tutte le persone, quelle che hanno una diagnosi come quelle che non ce l’hanno. Oggi c’è un enorme bisogno emergente di “cura” delle persone, dal punto di vista della sofferenza psichica. Per affrontarlo dobbiamo certamente tenere conto della sostenibilità economica, ma dobbiamo anche pensare di accompagnare le persone nel cambiamento non solo nel chiuso di percorsi riabilitativi di salute mentale”. E proprio in coerenza con questa idea, il Dipartimento, insieme all’Università di Bologna, ha aperto alla collaborazione con realtà, associazioni, comunità del territorio, Comuni, interessati a partecipare a questo cambiamento culturale molto importante, difficile da realizzare. Prosegue Debora: “Vogliamo sviluppare progettualità di comunità, con un’attenzione alla salute mentale sicuramente, ma più in generale al benessere della comunità tutta, in un’ottica di co-programmazione e co-progettazione. E questo significa che non si può prescindere da una collaborazione integrata con il servizio, e a dirlo ora è la legge stessa.  Sviluppiamo contemporaneamente però anche progettualità in autonomia, per esempio sui giovani, un tema a noi caro, su cui il pubblico da solo fa fatica”.

Rita Alberti e Paolo Monari

Emerge con forza una realtà con forti legami con il territorio. “Il Reno-Lavino-Samoggia è il nostro territorio storico, al quale siamo legati anche affettivamente. Abbiamo un rapporto con il Comune di Monte San Pietro, con la sindaca Monica Cinti, ma anche con tutta la giunta comunale. Negli anni abbiamo sempre lavorato in uno spirito di grande collaborazione. È qui che avviamo la maggior parte delle attività di tirocinio inclusivo, ma è anche il territorio dove abbiamo sviluppato le progettualità legate alla socialità. Significa concretamente proporre alle persone con fragilità di partecipare ad attività culturali, educative, ricreative e sportive organizzate proprio con questo scopo. L’obiettivo è la ricostruzione di relazioni e di reti amicali, familiari e sociali, lavorando parallelamente sullo sviluppo di abilità e competenze sociali. Lavoriamo sulla cura del sé e del tempo libero, sulla gestione della quotidianità, le relazioni interpersonali, sull’autonomia e sulla fiducia in sé stessi”.
Approfondiamo con la presidente un’altra area importante di attività, quella dell’Abitare.
“Il progetto dei Gruppi Appartamento nasce da un bisogno sempre più forte. Noi proponiamo un luogo dove vivere e una risposta a 360 gradi ad ogni singola persona che abbia un disagio psichico, sociale o familiare e che possieda un sufficiente livello di autonomia”.  Partire dall’abitare per provare a costruire un progetto di vita. Gli ingressi avvengono tramite l’invio da parte del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche ma sono possibili anche degli inserimenti che partono da privati o da enti diversi attraverso un rapporto diretto con Il Martin Pescatore.
Ora veniamo a chi Il Martin Pescatore lo costruisce ogni giorno. Ci sono 73 lavoratori e lavoratrici, tra loro 21 sono persone svantaggiate;  i soci cooperatori sono 43 e tra loro 16 sono persone con fragilità. I soci volontari sono 11. Sono numeri che raccontano un grande coinvolgimento, una grande partecipazione. Chiediamo a Debora di spiegarci come siano arrivati a questi risultati.

Diego Gerolimi, Gaia Della Monica e Mariantonia Bazzocchi“Mettendo il benessere delle persone che sono parte della nostra cooperativa, qualunque sia il ruolo che ricoprono, al primo posto. Dovrebbe essere la prerogativa di tutte le cooperative sociali, sappiamo quanto è stato difficile mantenere questa attenzione nel corso dei decenni, il contesto infatti è andato peggiorando, ma abbiamo sempre cercato di farlo, pur commettendo anche degli errori”. Sui processi che portano i lavoratori ad associarsi, Debora ci spiega: “Per noi i lavoratori e le lavoratrici sono liberi di scegliere, se decidono consapevolmente di diventare soci, lo fanno alla luce del loro vissuto all’interno della cooperativa, come un punto d’arrivo del loro percorso, segno di una condivisione di valori e di ideali. La quota associativa che chiediamo è davvero simbolica, 25 euro, crediamo davvero nelle porte aperte, vere”.
È venuto il momento di parlare del Consorzio l’Arcolaio. Che cosa significa farne parte?
“Sono rimasta piacevolmente colpita dal lavoro che si è fatto e da quello che si sta facendo. Lo vedo molto concreto, e questo per me è fondamentale, e molto realistico”. Debora si riferisce al Piano d’Azione 2025 elaborato da operatrici e operatori del Consorzio nel corso degli incontri organizzati dall’Hub culturale e presentato al Consiglio d’Amministrazione. Qui si è deciso di sviluppare quattro tavoli concentrati su quattro obiettivi di impatto da sviluppare nei prossimi anni: riguardano il tema della casa, del lavoro, della sostenibilità e del riconoscimento professionale ed economico di chi lavora nella cooperazione sociale. “Io ho preso parte a quasi tutti i tavoli e ho visto svilupparsi una visione che potrebbe essere patrimonio del consorzio, un ottimo lavoro, che punta veramente a valorizzare le cooperative e il consorzio stesso. È prezioso anche il lavoro comune, trasversale sulla formazione e sulle criticità, come per esempio la difficoltà nel reperire il personale. Possiamo condividere gli strumenti da mettere in campo per affrontare le difficoltà che caratterizzano questo contesto storico così complesso”.

Gianluca Rizzello, Paolo Colognesi, Rita Alberti

Approfondiamo le azioni legate agli inserimenti lavorativi insieme a Egidio Di Tomaso, responsabile delle attività produttive di giardinaggio, mense, pulizie e schede podostatiche (sono schede che prendono l’impronta del piede e servono a produrre i plantari). Egidio è una memoria storica, lavora al Martin Pescatore dal 2004.  “Tra le attività di tipo B, il giardinaggio è quella che impegna più lavoratori, abbiamo clienti privati e pubblici. Negli ultimi anni sta crescendo anche grazie alle opportunità dell’articolo 22 e questa crescita si accompagna all’opportunità per i nostri ragazzi di poter essere assunti. Siamo partiti con il giardinaggio e il restauro dei mobili. Poi abbiamo aggiunto il servizio nelle mense scolastiche, le pulizie e gli assemblaggi, cominciando sempre con piccole realtà, per sperimentarci, per poi crescere”. Egidio ci parla di come si è sviluppato il lavoro nelle mense, nel territorio di Monte San Pietro. “All’inizio avevamo pochi servizi. Col tempo ci sono stati affidati un maggior numero di servizi e di plessi. Siamo passati anche alla ricezione dei pasti, al controllo, alla sporzionatura e poi al lavaggio. E far lavorare persone con disagio psichico in un ambiente vissuto dai bambini è una cosa importantissima per combattere lo stigma, è stato davvero un successo contro gli stereotipi.”
Il tour, in cui ci ha accompagnato come guida preziosa Rita Alberti, responsabile orientamento e inclusione socio lavorativa, non è terminato, perché proprio di fronte alla sede, c’è lo spazio “Arredi Sociali”, nato dalla collaborazione con il progetto Hera “Cambia il finale”. Partendo dall’interesse per l’economia circolare e vedendo nuove opportunità di inserimenti lavorativi, si è attivato un servizio di ritiro oggetti usati, eventuale restauro di mobili e vendita al pubblico.
All’interno ci accoglie Gianluca Rizzello, anche lui con una lunga storia alle spalle ne Il Martin Pescatore, cominciata come educatore. Oggi è coordinatore dell’attività di restauro mobili e dell’area di riuso denominata arredi sociali.

“L’attività di restauro mobili è una delle prime che abbiamo fatto partire, ci rivolgiamo a cittadini che hanno l’esigenza di restaurare un tavolo, una sedia, un comò… Nel tempo abbiamo acquisito delle competenze che sono sempre più rare e così abbiamo pensato di affiancare anche un’attività di recupero e vendita di mobili usati.  Insieme al restauro, riusciamo davvero a valorizzare i mobili che ritiriamo, li trasformiamo e li rimettiamo sul mercato. L’obiettivo ovviamente è duplice: ambientale, con la riduzione dei rifiuti, e sociale, con l’inserimento lavorativo di persone che acquistano anche delle competenze preziose”.

Il valore economico del progetto non è grande, ma, ci spiega Gianluca, “è grande l’impatto che sul territorio, dal punto di vista sociale, ambientale ed economico. Perché comunque crea indotto e alcuni posti di lavoro, attiva relazioni, aiuta a diffondere una cultura della sostenibilità ambientale. Come altre nostre attività accorcia le barriere tra chi sta bene e chi sta male e smonta gli stereotipi: entriamo nelle case della gente insieme ai nostri lavoratori che hanno delle sofferenze psichiche e così dimostriamo che il dolore non è sulla luna, ma accanto a noi e insieme si può lavorare e costruire azioni positive”.