Diminuire i rischi per i consumatori di crack: una ricerca

Diminuire i rischi per i consumatori di crack: una ricerca

Bologna si trova di fronte a un aumento del consumo di crack. I dati sono emersi da un’udienza conoscitiva in commissione comunale, il 25 luglio 2025, a cui ha partecipato anche il coordinatore di “Fuori Binario”,  servizio di riduzione del danno affidato da ASP Città di Bologna al Consorzio l’Arcolaio e gestito da Open Group.

Le persone in carico all’unità operativa Dipendenze patologiche dell’Ausl bolognese con una diagnosi primaria come consumatori di crack sono 518, di cui, nel primo semestre 2025, 134 sono nuovi casi, l’età media è di poco inferiore ai 40 anni. Una tendenza in crescita, se si considera che dal 2023 il dato annuale era di circa 100 nuove prese in carico.

Giuseppe Ialacqua di ‘Fuori Binario’, ha riferito come tra i nuovi contatti di quest’anno, “35 sono consumatori di crack, pari al 13% delle persone che frequentano ‘Fuori Binario'”.

Nel corso dell’udienza conoscitiva, è stata presentata una ricerca frutto di uno studio per verificare l’efficacia di azioni di riduzione del danno su consumatori di crack.

Ecco la sintesi degli interventi dell’Agenzia Dire:

“Le persone che mantengono un contatto con gli operatori, se vengono loro offerte particolari opportunità, nel tempo modificano specifici comportamenti a rischio, e distribuire le pipe, attrezzature adatte all’uso per inalazione, sembra una pratica efficace per ridurre comportamenti pericolosi e danni alla salute tra i consumatori di crack”. A dirlo, presentando in una seduta di commissione in Comune a Bologna i risultati di un progetto sperimentale di ‘Fuori Binario’ (servizio di Open Group che si occupa di riduzione del danno) da lui curato, è Raimondo Pavarin, professore ed epidemiologo dell’Università di Bologna. L’udienza conoscitiva era stata richiesta dal consigliere di Coalizione civica Detjon Begaj. Illustrando i risultati della ricerca, pubblicati nei giorni scorsi su una rivista statunitense, Pavarin spiega che “avevamo a disposizione 40 pipe da crack e abbiamo fatto uno studio per verificare se questo tipo di intervento era efficace tra i consumatori”.

LE PIPE METTONO AL BANDO SIRINGHE E CONDIVISIONE DI BOTTIGLIE O LATTINE

Il primo problema, dettaglia, era “salvaguardare la salute dei consumatori: le pipe da crack spesso scarseggiano o sono fatte in modo artigianale e perciò vengono condivise, con rischi di contagio da Hiv o Hcv, infezioni batteriche o lesioni per l’uso di materiali non sicuri, ad esempio quando si usano lattine o bottiglie di plastica”. Dalla letteratura, prosegue Pavarin, emerge infatti che “fornire strumenti più sicuri per fumare crack può promuovere la salute e coinvolgere le persone nel trattamento, e che la distribuzione delle pipe ha contribuito in modo significativo alla diminuzione di pratiche iniettive e della condivisione degli strumenti di consumo, con riduzione del rischio infettivo e l’aumento del passaggio dall’uso iniettivo a quello inalatorio e della capacità di autoregolare i consumi e di contattare i servizi di rete”.

Fatte queste premesse, il professore spiega che “lo studio, fatto su un campione di persone che frequentano un servizio di riduzione del danno a Bologna, ha avuto come obiettivo principale verificare se, dopo 30 e 60 giorni, ci fossero state modifiche negli stili di consumo e quali fossero i problemi percepiti come conseguenza dell’uso di crack”. Per fare questo, alla consegna della pipa “è stato sottoposto un questionario, ripetuto 30 e 60 giorni dopo”.

NELLA FASE DUE DEL PROGETTO VERRANNO DISTRIBUITE DUE PIPE A CONSUMATORE

Il primo risultato, sottolinea Pavarin, è che “dopo 60 giorni, la frequenza del fumo di crack è diminuita del 50%“, e sempre dopo 60 giorni molti dei consumatori coinvolti “hanno cessato di avere problemi respiratori (37,5%), mal di gola (25%), bruciature sulle labbra (20,8%) e ulcere della bocca (12,5%)”. Durante entrambi i follow up, inoltre, “la condivisione di bottiglie per fumare crack è diminuita, e dopo 60 giorni è scomparsa l’abitudine di condividere lattine o boccagli”. Risultati simili, sottolinea poi Pavarin, “sono evidenziati da altre ricerche internazionali, da cui emerge anche che ‘la precarietà economica dei consumatori, i contesti violenti e le politiche repressive possono favorire il permanere di pratiche di condivisione o utilizzo di materiali non sicuri e contrastare il contatto con servizi di riduzione del danno’”. Sulla questione interviene anche il coordinatore operativo di ‘Fuori Binario’ Giuseppe Ialacqua, evidenziando come, pur non essendo questo il primo caso in Italia di distribuzione di pipe ai consumatori, è però il primo su cui è stata svolta una ricerca. “Per questo semestre- spiega- prevediamo, con una nuova fase sperimentale, di poter offrire due pipe a consumatore, con la speranza di traghettarli da pipe in metallo ad altre in materiali più sicuri” e con l’auspicio che, nei prossimi anni, il progetto, da sperimentale, diventi strutturale.

Articolo dell’Agenzia Dire

Articolo di Bologna Today